(la foto di copertina l’ho presa da Facebook, e rappresenta la sintesi perfetta di quanto racconto in questo articolo)
Oggi nel mio blog non posso non parlare di #calcio, nonostante non sia un’appassionata (nessuno in famiglia lo è stranamente), né tantomeno sia la mia specializzazione, ma quando vedi una partita come quella di domenica sera, non puoi non farti delle domande e io me ne sono fatte tante, ascoltando i commenti post partita, le interviste, i giornalisti e le persone comuni.
L’11 luglio si è giocata infatti la finale degli Europei di calcio allo stadio Wembley di Londra, dove l’Italia ha portato a casa la vittoria, 3-2 sull’Inghilterra ai rigori, facendo esultare un’intera nazione, di tifosi e non, mettendo per una volta tutti d’accordo.
Non è mia intenzione analizzare la partita, ci penseranno altri, ma vorrei prendere spunto da questa impresa straordinaria per capire le ragioni di questa vittoria, facendo un parallelo con il mondo delle aziende, per trarne degli utili insegnamenti.
Quali sono gli ingredienti di questa vittoria?
Ecco quelli che vorrei sottolineare:
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Gioco di squadra
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Strategia
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Il capitano
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L’allenatore
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La pianificazione
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La comunicazione
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Il cuore
A guardar bene, sembrano proprio gli elementi di un buon piano marketing!
Analizziamoli a uno a uno.
Gioco di squadra
Sembra banale dirlo, soprattutto quando si parla di una squadra, ma il gioco di squadra, o team building nel mondo aziendale, è fondamentale. È ciò che determina la possibilità di vittoria, di raggiungere i proprio obiettivi.
Qualche tempo fa la Juve ingaggiò Ronaldo per garantirsi vittorie in tutti i campionati. Ronaldo è un giocatore fortissimo, un genio calcistico, eppure non tutte le imprese gli sono riuscite, e quest’anno la squadra non ha vinto lo scudetto. Cosa è successo? Avevano un fuoriclasse, che nemmeno agli Europei ha determinato le sorti della sua nazionale, che è uscita presto dalla competizione. Il problema è quando la squadra, o chi la dirige, punta tutto sul singolo, e non a creare un team.
E questo succede anche nelle aziende: i fuoriclasse ci sono, ma se lavorano da soli, porteranno dei successi che però non saranno duraturi nel tempo e nemmeno condivisi, creando magari malumori e inefficienza da parte degli altri.
È più difficile creare una squadra, ma ripaga molto di più nel lungo termine. Come è successo alla nazionale italiana, che è arrivata compatta agli Europei, dove tutti hanno dato il loro contributo, dagli 11 giocatori in campo, a quelli in panchina, agli allenatori e ai dirigenti. Insieme si va più lontano!
Strategia
La vittoria non è frutto del caso o della fortuna, neanche quando si vince ai rigori.
Mancini ha elaborato una strategia di gioco, ha impostato ruoli e schemi, ha lavorato sulla costruzione del team, ha studiato le squadre concorrenti, ha messo in evidenza i punti di forza e lavorato per migliorare i punti di debolezza. Insomma una vera e propria SWOT analisi, sfociata nella determinazione di obiettivi ambiziosi, ma realizzabili, con una squadra magari non di singoli fenomeni, ma di giocatori dall’altissimo potenziale e valore che andavano stimolati e motivati nel modo giusto.
Chapeau!
Il capitano
Che dire di Chiellini? Come qualcuno ha già detto, un monumento!
In tutte le squadre, calcio o azienda che sia, ci deve essere un capo, un leader che sappia guidare, condurre, motivare, spronare i suoi compagni di squadra, mettendoci se possibile anche il doppio del loro impegno. Avere un capo così è un sogno, nella nazionale di calcio italiana è una realtà!
L’allenatore
Oltre ad un ottimo stratega, Mancini è un allenatore di altissimo livello, ma umano, con dei sentimenti che non ha avuto paura di mostrare in pubblico, che ha sofferto con i giocatori e gioito insieme a loro, che li ha preparati come un formatore ad affrontare le sfide più dure, ha elaborato un piano che li ha portati ad essere prontissimi, fisicamente ma soprattutto psicologicamente, ad affrontare sfide durissime: i fantasmi degli insuccessi passati, le aspettative di una nazione intera, il giudizio di altre squadre. E hanno saputo reggere una pressione altissima.
In azienda è così: ci si deve preparare a sfide sempre più stringenti e difficili, superare i propri limiti se si vuole crescere, oltrepassare l’ovvio e affrontare terreni sconosciuti se si vuole emergere, investire tempo, denaro, fatica fisica e mentale per eccellere. Ma senza un ottimo allenatore tutto questo è irraggiungibile!
La pianificazione
Di nuovo qui l’attore principale è Mancini: nella sua preparazione di questi Europei c’è una pianificazione perfetta di tempi, modi, risorse, un cronoprogramma senza sbavature, dove anche gli imprevisti sono stati previsti e superati.
È l’aspetto più sottovalutato dalle aziende: non basta fare un budget, e allocare risorse finanziarie per raggiungere i propri obiettivi, bisogna mettere sul tavolo tutte le pedine del gioco e farle muovere in modo armonico ed organizzato perché il gioco funzioni e porti alla vittoria. Il chi fa che cosa quando e con quanto, sono domande da farsi sempre e che devono essere tradotte in un piano preciso che coordini gli sforzi di tutti.
La comunicazione
Ovviamente tutto quanto sopra detto non funziona se non viene chiaramente comunicato alla propria squadra. Il giocatore non si limita ad allenarsi e prepararsi atleticamente, deve sapere qual è il suo ruolo, cosa deve aspettarsi, conoscere l’avversario, e tutto questo gli deve essere comunicato nei tempi e modi corretti perché lui diventi un membro attivo della squadra.
La comunicazione interna è strategica: se i membri del team sono coinvolti correttamente e condividono la linea strategica e gli obiettivi, saranno motivati a fare la loro parte e non si limiteranno al “minimo sindacale”, come spesso avviene nel mondo aziendale. E solo quando la comunicazione interna si tradurrà in giocatori attivi e presenti, allora si potrà lavorare sulla comunicazione esterna, che non creerà false aspettative, ma sarà supportata dall’interno.
I primi promotori di un brand, azienda o squadra calcistica che sia, sono i suoi dipendenti, collaboratori, giocatori. E più loro saranno convinti della bontà del loro progetto, più lo saranno gli investitori, i supporter, i tifosi e il mondo esterno.
In fondo l’abbiamo vista la partecipazione popolare e il supporto di una nazione intera alla nostra squadra, anche da parte di chi come me il calcio non lo segue. Secondo me, la ragione è che è piaciuto l’approccio concreto alla sfida, il lavoro di squadra, e non il protagonismo del singolo, la voglia di vincere senza strafare, il fare più del dire.
Il cuore
Ma senza il cuore, l’anima di questa squadra, oggi staremmo parlando di un’altra storia. Io ho particolarmente apprezzato l’emotività di tutta la squadra, dai giocatori all’allenatore, a Vialli, figura sempre presente a testimoniare il passato il presente e il futuro, le lacrime di gioia, la genuinità di questi giocatori, che hanno reso uno sport ormai tanto commerciale forse dopo tanto tempo di nuovo uno sport che diverte e piace a tutti. Al di là della vittoria, dei premi e dei riconoscimenti.
Bravi tutti!
Da questo esempio c’è tanto da imparare e da imitare, e fa riflettere tutti: prendiamo quello che di buono ci ha insegnato questa esperienza coinvolgente ed emozionante, e portiamola nel nostro piccolo, nelle nostre aziende e nelle nostre vite, per ambire a vivere esperienze così.
Domanda: cos’altro aggiungereste alla mia lista? E in cosa di quello che ho detto non siete d’accordo e avete un’altra visione?
Aspetto i vostri commenti, e se volete parlare di strategia io ci sono!
Alla prossima!
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